Il Castello di Paola, del quale è ben visibile la residua torre centrale, è eretto su uno sperone roccioso che domina il centro storico e l'accesso a Paola, da sud, costituito da un ponte sul torrente .
Il Castrum Paulae ha origini antiche: una fortificazione era, infatti, già presente in epoca normanna, ma solo nei due secoli successivi pervenne alla struttura definitiva, con elementi architettonici federiciani quali la sala al primo piano a pianta ottagonale, ricoperta da una volta a "spicchi" e possenti bastioni.
Un sistema ben riconoscibile di scale e di varchi di accesso consentiva i collegamenti con i nuovi ambienti, ora scomparsi, a partire dal primo livello della Torre. II processo avvenne lento ma costante net tempo e soprattutto net XVI secolo si ebbe la completa definizione del sistema di cinta perimetrale, gin iniziato in età aragonese, con la costruzione dei muri di fortificazione e degli speroni d'angolo, caratterizzati dal classico andamento a "scarpa", della cordolatura maracapiano e dal taglio delle feritoie e delle caditoie, eseguiti questi ultimi in materiale lapideo del luogo. L'ingresso principale fu realizzato lungo il lato a monte, ove si nota ancora murato il sontuoso portale dall'ampio varco, significativo delle notevoli dimensioni complessive dell’intero
sistema architettonico.
Non mancarono in tale periodo problemi di natura militare per la forte presenza Ottomana lungo le coste calabresi, le cui audaci azioni determinarono sicuramente dei gravi danneggiamenti al Castello poiché, come già ricordato, net 1555 la lotta Turca comandata dall'Ammlraglio Dragut distrusse la città e costrinse addirittura Isabella di Toledo, figlia del Viceré Pietro e signora di Paola, a rifugiarsi seminuda a Montalto, come ricorda Gabriele Barrio".
L'Abate Pacichelli, nel suo viaggio in Calabria (1693), descrive il “...forte in rocca intagliata con Piazza D'Armi, e Presidio, Cannoni, e Armeria, prezzato dal Re' Ferdinando D'Aragona, che somministra l'abitazione sontuosa al Marchese (Spinelli), ed opportuna a suoi stipendiati, e honorati...”. E, circa gli interni della fortezza-abitazione dice: “...la sera poi salimmo al Castello, consueta stanza del Signor Marchese, colma di acqua perenne, partita in pia quarti di stupenda veduta, e assai comodo. II Cavallerizzo, e qualche Gentilhuomo ci condusser per tutto, a veder le suppellettili, de' Tappeti, e de' Quadri, Scrittori, e altro: Una bella Tela dipinta da un Forastierro nel volto di un camerone, la Cappella divota con un Choretto in piano, e l'ingresso alle scale, ove si pensava a festeggiar co' Sermoni per quindeci giorni l'Assunzion della Vergine, ancorché validamente ciò contradicesse l'Arcivescovo di Cosenza. Vidi il cavalcatore assai largo, e goduto dalle fenestre, la scuderia per cinquanta cavalli, e più muli: qualche cannon di ferro, un de' quali si era crepato all’arrivo del P. Generale suddetto. Molto poi mi fu grata la canattaria, o stanza lunga per settanta Bracchi, partita in legna con gli anelli per legarli, e anche i luoghi per curare gl’infermi: in testa dipinta, con più cani l’immagine di S. Vito. Si alimentar col latte inmontagna la state, ne più si costuma portargli per le case de' Vassalli, ti qué chiostri; mentre vedeansi smagrite, massimarte fra Padri Giesuiti. Fu detto che la spesa di questi cani sorpassi due mila ducati annui.
Osservai ancor con singolar piacere, e segni meco di affetto, il solito cangiamento della Guardia di trenta soldati, precedendo il Tamburo alle ventidue Kore, per antica prerogativa di questa Casa: variandosi poi più tardi nella state la Guardia del Mare".
Il Castello mantenne la condizione di fortezza-abitazione fino all'avvento dei Borboni. In seguito fu sede di un reparto di militari con postazioni di artiglieria fine alla seconda metà dell'800 e nel XX sec. fu ceduto a privati dal demanio.